Logo

La cucina agordiana

La cucina agordiana

Canederli

I piatti tradizionali dell’alto Agordino si differenziano molto da quelli del medio e basso Agordino perché l’altitudine permette, ad esempio, la coltivazione di cereali diversi: segala e orzo contraddistinguono i paesi più a nord (Livinallongo, Colle e Selva), mentre nella parte centro – meridionale prosperava il mais e il frumento.

Un tempo perciò nei paesi a nord il pane veniva fatto due volte all’anno, quando in primavera e in autunno l’abbondanza di acqua permetteva di ottenere dai mulini, mossi dalla forza idraulica, della farina fragrante di segala e di orzo da impastare con poca farina di frumento (detta “farina di macchina” perché importata) e aromatizzata con semi di aneto dal sapore di anice. Ogni famiglia preparava la sua quantità che conservava in luogo asciutto. Le pagnotte erano dette chizzuole a Colle e pinze a Pieve, mentre nel resto dell’Agordino sono ancor oggi dette pucce, per distinguerle dal pane di frumento che ha sempre caratterizzato questa zona. In questi paesi spesso il pane al mattino era sostituito dalla polenta del giorno prima o dalle croste di mais staccate dal paiolo e bagnate nel latte. A mezzogiorno e alla sera la polenta faceva da padrona, con i diversi intingoli (tocà): tocà da pùina, tocà da boia e solo raramente polenta e tocio (con lo spezzatino), considerato piatto da grande festa o da pranzo nuziale.

I canederli o balote erano preparati ovunque ma nell’alto Agordino ne conoscevano di diversi tipi: da lardo, da zigher (formaggio di capra misto a erba cipollina), da figà (fegato, raramente disponibile), da sanc (sangue di maiale, quando si uccideva l’animale).

Nochec erano gnocchi poveri preparati con patate crude grattugiate e con molto aglio per insaporirli, tipici del nord, mentre ovunque erano noti gli gnocchi di patate: a nord conditi con formaggio o papavero e burro fuso, mentre nel centro sud si condivano più spesso con la ricotta affumicata. Tipici del nord erano le tircle una specie di ravioloni imbottiti con crauti o erbe lessate (spinaci o grisoi, cioè silene) e fritti.
I casonziei erano un altro piatto per le grandi festività e preparati nei vari comuni in occasioni diverse: a Colle per l’Epifania, a Vallada per San Simon, il 28 ottobre, festa del santo patrono, a San Tomaso per Ognissanti. Nei paesi del centro sud dove la zucca cresceva in simbiosi con il mais, era questa l’imbottitura dei grossi ravioli, mentre al nord si usavano le erbe (rape rosse e cavoli rapa, soffritti con abbondante cipolla, sale, pepe e cannella); si condivano con semi di papavero mescolato con poco zucchero e burro fuso.
Particolarmente sostanziosa era la minestra d’orzo, arricchita con un osso di maiale o un cotechino, che coceva a lungo. Anche la minestra di fagioli era robusta. Si aveva inoltre la minestra da latte e riso con gnochetti di farina (papazoi) e la polentina lenta di farina di mais e di frumento impastata col latte e condita con ricotta affumicata e burro fuso (dufa).

Per quanto riguarda i dolci erano prevalentemente dei fritti e, se i crostoli erano prodotti nell’intera area sia pure con nomi diversi, i grafogn, simili ai crafen e farciti di marmellata, erano tipici dei paesi alti, mentre nel medio Agordino, specie in occasione di matrimoni, erano di prammatica i carfogn con una farcitura di semi di papavero pestati, con zucchero, poco latte e un bicchierino di grappa. A San Tomaso in occasione della prima domenica di settembre si potevano, e si può ancora, gustare e riportare agli amici le famose fortaie. Per la gioia dei bambini ogni tanto la mamma preparava i macarogn frit o al mattino lo smorm. E quelli che salivano a Colle per la festa di Santa Lucia, il 13 dicembre, non mancavano di procurarsi i diaolin, i gustosi confetti speziati introvabili nel medio e basso Agordino.

© 2015 - Residence Focobon - P.I. 00716690250